ANTICHRIST (2009) - di Lars Von Trier

Antichrist è il film che apre la "trilogia sulla depressione" di Lars von Trier. Si tratta di un film cupo, claustrofobico, a tratti asfissiante. Un vero e proprio pugno nello stomaco, crudo e realista, seppur immerso in ambientazioni surreali.
La trama ruota attorno a due soli personaggi, di cui tra l’altro non conosciamo i nomi: due coniugi interpretati da Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg (migliore attrice al festival di cannes 2009). La scena iniziale, con uno slow motion in bianco e nero da antologia del cinema, vede la coppia intenta a lasciarsi andare in un amplesso abbastanza esplicito. Nel frattempo, nell'altra stanza, il loro piccolo sale sul davanzale e, mentre i fiocchi di neve cadono morbidi, insieme al suo giocattolo, compie quel tragico ed innocente volo verso la morte.
La pellicola è suddivisa in quattro capitoli: 1. Pena o afflizione (lutto) 2. Dolore (il caos regna) 3. Disperazione (genocidio) 4. I tre mendicanti.
Dopo il tragico evento inizia l'inevitabile viaggio verso gli inferi, il lutto devasta la coppia. La madre sprofonda nella disperazione più totale per cui si ricorre ad una cura medica ospedaliera. Ma visto che il marito è uno psicoterapeuta, quest’ultimo convince la donna ad andare nella casa di campagna dove potrà egli stesso prendersene cura. La loro meta sarà quella dimora sperduta tra i monti chiamata "Eden".
Simbolismi ed allegorie non mancano in questo ennesimo spaccato mentale del regista. L'Eden dovrebbe essere appunto il paradiso, ma qui diviene senza troppi fronzoli "l'inferno". I due sono immersi nell'Eden come Adamo e Eva in una chiave totalmente distorta. Tra gli alberi gli animali sfuggenti vengono immortalati dalla macchina da presa in pose alquanto singolari. Un cervo che fugge via partoriente, con il nascituro ancora attaccato al ventre. Il corvo che svolazza minaccioso. La volpe che in maniera suggestiva pronuncia la frase: "il caos regna".
Si perché nella mente dei protagonisti c'è un gran caos, l'elaborazione del lutto è micidiale. L'uomo cerca di lavorare sulla mente della moglie, prende appunti sul suo taccuino, cerca di entrare nei suoi pensieri più nascosti per aiutarla, ma la perdita è troppo grande.
Lars Von Trier anche questa volta con l'utilizzo della camera a mano proietta lo spettatore all'interno del film, non gli da tregua. La visione è massacrante. Parte una escalation di violenza fisica e psicologica da parte dei protagonisti e non solo, è la pellicola stessa che diventa violenza per lo spettatore che ne rimane scosso in maniera inesorabile.
Il tema musicale che apre e chiude questo film proviene dalla musica classica, è un aria dal titolo: "Lascia c'h io pianga" ed è molto difficile togliersela dalla testa. La frase più ambigua è sicuramente: "la natura è la chiesa di satana". La natura che dovrebbe essere un posto che ci fa stare in pace con noi stessi, ci fa stare bene, ci culla con la sua bellezza, per un soggetto depresso può diventare appunto il male. Tutto diventa contrastante, tutto diventa cupo, avverso.
Il quarto capitolo, il conclusivo, richiama infine i tre animali del bosco, le tre simbologie. Il cervo, la volpe e il corvo. "Quando i tre mendicanti arrivano qualcuno deve morire".
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