NEMICO PUBBLICO - (1998) di Tony Scott
Spionaggio globale, Intrighi, raggiri e gomplotti secondo il fratellozzo di Sir Ridley
TRAMONE: siamo sul finire degli anni ’90, lo scaltro avvocato (e padre di famiglia) Robert Dean viene casualmente in possesso, per mano di un suo vecchio conoscente bird-watcher e hacker che malauguratamente perderà la vita in un violento inseguimento, di una registrazione incriminante l’omicidio di un importante membro del congresso per mano di un membro anziano della NSA, dopo che questi si era opposto al passaggio di una nuova legge con la quale i servizi segreti governativi avrebbero avuto pieno accesso alla sorveglianza, il monitoraggio e la geo-localizzazione di ogni cittadino americano.
Il reo lo viene a sapere e pur di mettere mano alla registrazione, dopo avergli vandalizzato casa, fa in modo di screditare e compromettere pubblicamente l’avvocato, bloccandogli pure il conto corrente e costringerlo alla fuga. Ma quest’ultimo finirà per incrociare il cammino con quello di un vecchio ex-agente governativo.
COSE Che COSANO: il millennio stava volgendo alla conclusione e in un clima così pieno di possibilità, rivoluzioni ma anche di paranoie e diffidenze circa la sicurezza, la privacy, l’informazione e i maneggi dei servizi segreti.
Con la fine della presidenza Kennedy-iana e l’avvento del governo di quello scriteriato di Bush Jr., ci voleva un regista che dicesse la sua in merito al clima che si stava creando e quale scelta migliore se non proprio un regista che negli anni ‘90 stava attraversando il suo periodo di maggior gloria artistica? Nella fattispecie: Tony Scott, fratello minore di Sir Ridley, entrato nei cuori del pubblico <della critica a volte alterne> divenendo uno specialista in ambito action tra la metà degli 80’s e dei 90’s dopo l’interessantissimo esordio vampiresco di “Miriam si Sveglia a Mezzanotte” e il successo travolgente del tronfio “Top Gun”.
Dopo aver collaborato con grandi sceneggiatori <successivamente registi a loro volta> quali Shane Black e Quentin Tarantino che gli permisero di realizzare 2 delle sue pellicole migliori [L’Ultimo Boy Scout e Una Vita al Massimo] e dopo essersi cimentato con il thriller di “The Fan”, “Revenge” e “Allarme Rosso” (con quest’ultimo iniziò il suo sodalizio con l’attore Denzel Washington), scelse di rimanere su questo versante traendo spunto da altri cineasti che ammirava quali Francis Ford Coppola (in particolare la sua “Conversazione”) e Brian De Palma ma soprattutto all’Intrigo Internazionale di Hitchcock, aggiungendovi un pizzico di spionaggio e critica socio-politica.
Esperimento che poi avrebbe portato avanti con altrettanto buon esito nel successivo “Spy Game” con Robert Redford e Brad Pitt.
Sul versante tecnico, Scott vola: la macchina da presa non molla le svolte ed il susseguirsi delle vicende come i percorsi degli stessi personaggi; il montaggio frenetico si fa più disteso senza però perdere il ritmo spedito e dinamica; il coinvolgimento e la tensione permangono fino al culmine della resa dei conti finale; la patinatura non stucca e la fotografia di Daniel Mindel fornisce delle tinte bluastre perfette per la circostanza. Inoltre è in questa pellicola che il regista instaura la sua partnership con il compositore Harry Gregson-Williams (in seguito compositore anche di “Metal Gear Solid”, “Shrek”, “Le Cronache di Narnia”, “Prince of Persia” e “The Equalizer”) che d’allora musicherà tutta la sua filmografia e svariati titoli anche del fratello Ridley, prestando il suo incalzante stile elettro-sinfonico post-moderno che ben si cuce addosso alle immagini e agli avvenimenti impressi su celluloide.
Ma a fornire maggior spessore, umanità e rilevanza alla pellicola sono le tematiche di cui si fa portatrice che a distanza di anni si sono rivelate paurosamente profetiche ed attuali: il controllo e il monitoraggio della nostra privacy e di tutto ciò che non vorremmo venissero portato a galla da occhi indiscreti; il modo con cui queste cose possano essere usate contro di noi; della facilità con cui si possano creare diffamazioni e gogne mediatiche; di come sia difficile venirne fuori e di come le intelligence segrete non si facciano scrupoli a compiere azioni controverse e moralmente discutibili pur di raggiungere i propri scopi.
Will Smith nei panni del protagonista (con la voce di Francesco Prando) se la cavicchia, dimostrando però maggior impegno nei momenti in cui il personaggio è messo alle strette e portato all’esasperazione dalle situazioni, ma la parte del leone la fanno soprattutto Gene Hackman (doppiato da Sergio Fiorentini) e Jon Voight (con la voce del compianto Oreste Rizzini).
Il 1° (Brill) è un volpone coriaceo ma paranoico ormai abituato alla solitudine, che dopo aver operato in Iran prima della rivoluzione e in seguito allo sdegno verso certi maneggi del governo ha scelto di condurre un’esistenza ai margini, senza far sapere di sé, senza poter viaggiare e senza avere contatti per paura di essere rintracciato o di mettere in pericolo altre persone (vegliando di nascosto su Rachel essendo stato in esercito con il di lei padre). Il 2° invece, più posato e machiavellico, è un individuo diplomatico ma spregevole nel profondo, che credendo agire per il bene e negli interessi della nazione non si fa problemi a fare del male, rovinare vite, travalicare principi etici, prendere il controllo di tutto e tutti ed eliminare chi lo contraria (anche gli stessi governanti che avrebbe giurato fedeltà).
Peccato però per i personaggi femminili che per quanto funzionali gli viene assegnato uno spazio un po troppo marginale: Regina King nei panni della moglie del protagonista è convincente, se la cava ancor meglio però Lisa Bonet (doppiata da Claudia Catani) nei panni di Rachel, informatrice ed ex-fiamma di Robert che si scoprirà più avanti esser stata conoscente di Brill. Un bel personaggio che avrebbe meritato maggior minutaggio e un epilogo migliore.
Si segnalano infine le generose partecipazioni degli allora giovani Jack Black e Seth Green, di Jake Busey e Jason Lee, di Gabriel Byrne che fa un cameo e del voluminoso Tom Sizemore nei panni di un boss italo-americano che ad un certo punto della narrazione avrà una sua utilità.
In conclusione, “Nemico Pubblico” è un solidissimo prodotto d’intrattenimento girato di lusso e reso ancor più incisivo dalla sua carica politicamente impegnata che oltre ad essere ancora tremendamente d’attualità, dona maggior umanità alla vicenda dove i personaggi, a parte quelli di Hackman e Voight, non riescono e smussa le derive involontariamente cospirazioniste dell’operazione, impedendogli di buttarla troppo di fuori.
Per certo uno dei migliori film di un regista di talento che ancora manca in prodotti di genere come questo, che ancora manderebbe a scuola molti mestieranti e shooter, malgrado a sua volta abbia ceduto spesso alla commercialità.
VOTO: 7.5
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